associazione culturale
AMICI DI SAN BEVIGNATE
 
 

L'arcivescovo di Genova, lacopo da Varazze (1298), nella sua celebre Leggenda aurea, una delle opere più lette e conosciute del tempo che l'autore cominciò a scrivere nel 1260, racconta che Il giorno della festa di san Gerolamo,il 30 settembre, verso sera
... un leone entrò nel monastero zoppicando. Appena lo videro, i suoi confratelli fuggirono, ma Gerolamo andò davanti a luì come l'avrebbe fatto per un visitatore. Il leone gli mostrò che era ferito al piede e Gerolamo chiamò i frati ordinando loro di lavare piedi del leone e di cercare con attenzione la ferita. Si scoprì che dei rovi gli avevano ferito la pianta dei piedi. Fu medicato con ogni cura e, guarito, rimase con la comunità come fosse un
animale domestico.

Questo episodio ha fatto sì che il leone divenisse nell'iconografia l'animale che faceva coppia con san Gerolamo, come il maiale con sant'Antonio o il drago con san Giorgio.
Alla luce di queste informazioni, alcuni storici come Alain Demurger hanno visto nell'affresco in San Bevignate una rappresentazione dell'episodio dell'incontro del leone con i frati, occorso a Gerolamo nel deserto della Palestina. Solo che quei monaci che stavano nel deserto nel frattempo erano divenuti templari, come testimonia la croce posta sulla torre del loro convento fortificato.

Chiara Frugoni a proposito del leone, suggerisce un’ipotesi condivisibile: «Mi sembra che sia da escludere l’idea che il leone rappresenti i saraceni, visto che proprio sotto c'è una battaglia con uomini in carne e ossa». Questo leone, invece, indica «la bestia», la parte animale di sé che l'uomo deve saper domare per poterne utilizzare la potente energia naturale.
Quando il santo ha domato il «suo» animale, riesce a domare anche l'animale reale, che si incarnò in un leone per Gerolamo, e in un lupo per san Francesco, nella vicinissima Gubbio, qualche decennio prima.
Cerrini S.L'Apocalisse dei Templari,
cit.